Jürgen Kuhlmann:

IL MISTERO DI MARIA
E
IL MISTERO DELLA CHIESA

Saggio di teologia speculativa
(Roma 1962)


"E un gran segno apparve nel cielo: una donna ravvolta nel sole e la luna sotto i suoi piedi, e sul suo capo una corona di dodici stelle. Ed essendo incinta, gridava tra le doglie e si travagliava per partorire. E apparve un altro segno nel cielo: ed ecco un gran drago rosso con sette teste e dieci corna, e sulle sue teste sette corone; e la sua coda strascinava la terza parte delle stelle del cielo e le precipitò sulla terra. E il drago si piantò di fronte alla donna che era per partorire, per divorare, quand'avesse partorito, il figliuolo di lei. E partorì un figlio, un maschio il quale doveva menar qual gregge tutte le genti con bastone di ferro. E fu rapito il suo figliuolo presso a Dio e al suo trono. E la donna fuggì nel deserto, dove aveva un posto preparato da Dio, per esservi nutrita 1260 giorni." Apoc.12, 1-6.

Fra i misteri della nostra fede, due soprattutto al giorno d'oggi agitano gli animi dei teologi: Maria e la Chiesa. In altri trattati dogmatici da secoli tutto è (o sembra) chiaro o da non chiarirsi mai; in questo campo, invece, dovunque si guarda, germogliano nuovi problemi. I tre ultimi dogmi solennemente proclamati ci parlano o di Maria o della Chiesa; ed innumerevoli sono gli scritti che cooperano ad arricchire la Mariologia e l'Ecclesiologia.

Non mancano nemmeno tentativi che cercano di mettere in luce la relazione che intercorre tra la Vergine e la santa Chiesa. Può stare Maria di fronte alla Chiesa, insieme a Cristo, come corredentrice, oppure ne è il membro più nobile o, ancora più che il membro più nobile, è forse il prototipo della Chiesa? Queste sono le domande che si pongono i teologi, e non si può citare qualche lavoro soltanto perché ve ne sono troppi.

Alcuni pensano addirittura che la vicinanza di Maria alla Chiesa sia ancora più grande e nondimeno, pienamente consci di usare una formula assai sconcertante per chi la sente la prima volta, credono di dover dire: il mistero di Maria è lo stesso mistero della Chiesa, oppure: MARIA È LA CHIESA. La Chiesa è Maria.

F. (Schramm, Ravensburg 1480)

Molti sono (e saranno) quelli che, sentendo una tale tesi, abbandonano subito il colloquio. Dicono che non vogliono essere presi in giro: che benché la gnosi sia una continua tentazione per chi sa ragionare con la sua testa, loro preferiscono un pensare più modesto ma almeno più chiaro. A costoro ciò sia concesso:

1) Espressioni siffatte non possono essere usate senza lunghe e delicate inquisizioni nelle fonti della rivelazione, le quali debbono solidamente provarne l'esattezza.

2) Chi crede di poterle provare in questo senso, è vero ha il diritto - essendo questa la struttura fondamentale della teologia - di propugnarle, sebbene non le capisca bene fino in fondo (poiché nella scienza della fede all'inizio sta sempre la semplice fede, e l'approfondimento, presto o tardi, viene in seguito); ha però - ed in questo i difensori della "chiarezza" hanno ragione - il grave obbligo di sforzarsi di trovare delle spiegazioni, le più chiare possibili; deve cioè guardarsi bene dal vizio gnostico, essere soddisfatto del proprio sapere e di rispondere alle domande sincere degli altri soltanto che, sebbene lui abbia ragione, non può spiegarsi meglio né può controbattere le obiezioni che gli vengono rivolte; e che insomma si tratta di un mistero: "Non lo capite? - Ebbene, non dovete accettarlo, nondimeno è vero, e lasciatemi in pace!"

Certamente, a chi è persuaso di una verità religiosa che non sa provare agli altri, non resta altro atteggiamento all'infuori del descritto più sopra. Ma prima deve fare il possibile per comunicare quel poco che ha capito. Altrimenti, affermare tesi ardite sulla Madonna, più che far del bene, nuoce all'onore di Colei che è la gioia di ogni cattolico e non solo di un gruppo nella Chiesa.

Il lavoro presente ha il compito di difendere questa tesi: Maria = la Chiesa. Per essere completa questa argomentazione dovrebbe avere due parti: una prova dogmatica, partendo dalle fonti della rivelazione, ed una ricerca speculativa, sul come si possa comprendere tale affermazione. Evidentemente è impossibile addurre una prova estensiva in un breve articolo, mentre prove troppo "concise" oggi a ragione non sono viste di buon occhio.

Fortunatamente però tale compito è stato assolto già da parecchi anni. Nel suo libro "Ecclesia - Maria", Alois Müller (1) ci ha dato un'ampia indagine nella teologia patristica. Partendo dai dati biblici e percorrendo i Padri fino al concilio di Calcedonia, ci mostra una certa identificazione di Maria e della Chiesa, esplicita soltanto in rari luoghi, ma che implicitamente impregna tutta la maniera di pensare dei Padri. Il valore intrinseco del contenuto di questo libro e l'accoglienza che ha trovato presso molti, danno ad un teologo il diritto di accettare, come opinio probabilis, la suddetta tesi, anche nella sua formulazione breve ed insolita, e di costruire su questo fondamento quanto è possibile. Il fatto che non tutti si trovino d'accordo col libro e la prospettiva che molti (supposto che vengano a conoscerla...) insorgeranno contro questa sua ulteriore spiegazione, non ci deve turbare. Quando il teologo non si limita a riferire la dottrina ufficiale della Chiesa, la sua meta non può essere la certezza assoluta e il consenso di tutti, ma una probabilità solida e la approvazione di molti; e questa meta credo e spero, anzi so, di averla raggiunta.

Chiunque quindi a priori ritenga assurda l'asserzione: Maria = la Chiesa, forse farebbe meglio a non leggere ciò che segue, poiché con ogni probabilità si irriterebbe continuamente, cercando delle prove là dove non vengono offerte e quindi non vedendo la fioca luce di "intelligentia" che forse c'é. Lo ripeto, dato che una tale tesi non può essere provata in meno di 35 pagine, prima dell'inizio già si deve presupporre la sua probabilità.

A chi non la respinge, ma la trova nuova ed insolita né riesce a persuadersi della sua verità, rivolgo questa preghiera: per adesso semplicemente accetti la testimonianza umana, non di uno, ma di molti cattolici colti e, dando un consenso condizionato, legga quanto segue. Forse alla fine potrà decidersi.

Questo scritto quindi non vuole essere una prova dogmatica, ma il lettore avrà ragione di esigere chiarezza teologica. Tenga però presente

1) che un tale mistero supera le forze di un uomo, a fortiori di un giovane studente;

2) che la chiarezza di uno scritto non è valore assoluto, ma funzione della comprensione di chi legge; (si dice che c'è della gente che trova chiaro Hegel e perfino la Sacra Scrittura è chiara ai Santi).

Per finire l'introduzione, riporto due testi anche dalla tradizione, non per provare (poiché, se uno lo preferisce, può intenderli metaforicamente) ma per disporre l'animo allo spirito dei pensieri seguenti e per mostrare ai lettori benevoli che non sono in cattiva compagnia.

I. Litania composta da Cirillo di Alessandria

"Ti salutiamo, o Maria, Genitrice di Dio
gemma eletta dell'Universo intero
corona della verginità
Scettro della vera fede
Tempio integro
Vaso dell' incontenibile
Madre e Vergine
attraverso di Te nei santi Evangeli è esaltato
Colui che viene nel nome del Signore
Salve, Tu che nel seno santo e verginale contenesti l'Infinito
per Te la Trinità viene santificata
per Te la Croce viene venerata ed adorata in tutto il mondo
per Te giubila il cielo
e provan letizia gli Angeli e gli Arcangeli
per Te i demoni sono volti in fuga
ed il diavolo tentatore precipitò dal Cielo
per Te viene risollevata ai cieli la creatura decaduta
per Te tutto il creato, preda della follia degli idoli
pervenne alla conoscenza della Verità
per Te i credenti ricevono il Battesimo e l'olio di Letizia
per Te su tutta la terra son costituite delle Chiese
per Te i popoli son condotti alla conversione.
A che servono ormai molte parole:
per Te l'Unigenito figlio di Dio risplendette come luce
a coloro che giacciono nelle tenebre e nell'ombra della morte
per Te predissero i Profeti
e gli Apostoli annunciarono alle genti la salvezza
per Te i morti vengono risuscitati
per Te dominano i Re
per opera della santa Trinità".

Stupenda litania. Alcune sue invocazioni almeno, ci sembrano, a prima vista inspiegabili. La predica prosegue con un violento attacco a Nestorio che termina solo con la formula di chiusa:

"Ci sia concesso di rispettare e venerare l'Unità, di esser sudditi al Re diletto di Dio, subordinati alle Podestà
ed alle Dominazioni; di temere ed onorare l'indivisa Trinità.
Celebriamo Maria, sempre Vergine, cioè (2) la Santa Chiesa
ed il Suo Figlio e Sposo immacolato.
A Lui sia gloria per tutta l'eternità. Amen (3).

II.

"Queste anime grandi (degli ultimi tempi), piene di grazia di zelo, saranno prescelte da Dio perché combattano i suoi nemici che insorgeranno frementi da ogni parte. Esse saranno in particolar modo devote di Maria SS., rischiarate dai suoi lumi, nutrite del suo latte, guidate dal suo spirito, sostenute dal suo braccio, difese dalla sua protezione, dimodoché combatteranno con una mano ed edificheranno con l'altra. Con una mano combatteranno, rovesceranno, schiacceranno gli eretici e le loro eresie, gli scismatici e i loro scismi, gli idolatri e la loro idolatria, i peccatori e le loro empietà; con l'altra mano edificheranno il tempio del vero Salomone e la mistica città di Dio, cioè (4) Maria SS. chiamata dai Ss. Padri: Tempio di Salomone e Città di Dio". (5).

FACTUM AUDIVIMUS MYSTERIUM REQUIRAMUS

I.

MARIA E LA CHIESA DELLA FEDE

Prima di tutto devo chiedere benevola pazienza al lettore. Maria è un mistero soprannaturale, così pure la Chiesa. Chi vuole comprendere un poco un mistero, deve ricorrere ai mezzi adeguati di conoscenza. Questi, nel caso di un mistero, non possono essere i nostri goffi concetti univoci, quelli che valgono per le scienze naturali oppure per il sapere di tutti i giorni. Quello che è un gatto non è un topo: un tale sapere è ben chiaro, ma non troppo profondo. Quando ci muoviamo in questo campo, un po' di senso comune basta per dirci che la parola "è" non è ambigua; una cosa o "è" o "non è" un'altra. Quando però lasciamo questi confini bassi e cominciamo a parlare dei misteri divini, allora non basta più una testa sana, ma ci vuole una intelligenza umile e fedele, pronta a concedere, che la parola 'è' non è più univoca, "chiara", ma piuttosto è analoga, e perciò l'intelletto naturale rimane sempre malcontento; soltanto con la fede l' 'è' diventa di nuovo chiaro, ma in maniera più alta e degna del contenuto che esprime. Uno non è tre, ma nondimeno Dio è uno e tre; uno però non come una cosa terrena, tre non come tre pietre. Similmente, "Maria è la Chiesa" non è un'affermazione come quest'altra: "Fido è il nostro cane", ma quell''è' è analogo e misterioso, si comprende correttamente soltanto da chi aggiunge un "non è", che però non nega l'altro, ma previene un'intelligenza superficiale e falsa dell'identità affermata. Per uno che non crede, ciò che segue è una sciocchezza, ma per quelli che credono sinceramente in Maria e nella Santa Chiesa, quest'esposizione forse sarà di aiuto per meglio capire Colei in cui vivono.

FIGLIA DEL TUO FIGLIO

Maria è piena di grazia; ma ciò significa appunto che da se stessa non è nient'altro che creatura, fatta dal Verbo di Dio. Così Ella è figlia del Verbo, non certo nello stesso senso come il Verbo è Figlio del Padre; detta di Maria, l'espressione dice soltanto che è prodotta e totalmente dipendente, e questo per tutta l'eternità: Ecce ancilla Domini. Così pure i membri della Chiesa debbono sapere che loro, e tutta la Chiesa, sono elevati sì in grazia, ma che da se stessi sono soltanto povere creature.

Sì, è vero che Dio chiama a contemplare la Sua gloria e a partecipare alla Sua vita divina, tutto ciò che proviene dal nulla, ma non diventa Iddio, né mai deve dimenticare che è fatto dal nulla e che senza Dio non potrebbe far nulla. Per questo la venerazione di Maria è necessaria nella Chiesa; guardando lei ognuno vede vivamente la creaturalità della nostra vita divinizzata: i Greci, insistendo ancor più di noi sulla deificazione, hanno una pietà mariana ancora, se ciò fosse possibile, più splendida di noi; i protestanti d'altra parte, non volendo sentir parlare di divinizzazione, pongono la Madre di Gesù al fondo della "superficies historica", e resterebbe loro (se vivessero l'errore teoretico) una religione "né umile né alta più che creatura". Maria per la Chiesa è lo specchio dell'umiltà della creatura. Per noi che non soltanto -come Lei- proveniamo dal nulla, ma da ancor più lontano, cioè dal peccato, essa è mediatrice già di questa grazia: che, lasciando ogni superbia satanica, umilmente riceviamo noi stessi dalla benigna mano del Creatore.

SPONSA VERBI

a) Maria: sentiamo san Pietro Crisologo parlare dell'Annunciazione:

"Pervolat ad sponsam festinus interpres, ut a Dei sponsa humanae desponsationis arceat et suspendat affectum, neque auferat a Joseph virginem, sed reddat Christo, cui est in utero pignorata cum fieret. Christus ergo suam sponsam recipit, non praeripit alienam; nec separationem facit, quando suam sibi totam iungit in uno corpore creaturam" (6).

b) La Chiesa: sant'Agostino dice di Cristo: "Quando dormivit in cruce, signum gestabat, immo implebat quod significatum est in Adam: quia cum dormiret Adam, costa illa detracta est, et Eva facta est; sic et domino, cum dormiret in cruce, latus eius lancea percussum est, et sacramenta profluxerunt, unde facta est ecclesia. Ecclesia enim coniunx domini facta est de latere ..." (7).

Sembra strano, ma nell'ultima profondità del loro senso questi due testi parlano della stessa realtà. Una est columba mea...

Dio, essendo abisso di libera bontà, ci ama tutti, quanti siamo, uomini ed angeli. Vuole attirare a se, alla partecipazione della Sua propria vita trinitaria ed eterna, noi creature indegne. Siccome però le persone divine si distinguono soltanto per le loro relazioni reciproche, solo il Figlio e nessuna creatura come tale può conoscere il Padre come Padre. Affinché dunque noi possiamo -scopo questo della creazione- dire "Padre" a Dio in verità e conoscerlo in faccia, bisogna che in qualche modo entriamo nel Figlio, siamo congiunti a Lui.

Meta quindi della creazione è il diventar Sposa del Figlio, del Verbo. Ora è impossibile che una pluralità di persone finite, come tale pluralità di esseri non congiunti ad uno, sia questa Sposa. Iddio ha voluto una creazione, non molte disperse; e il suo progetto non è fallito.Questa creatura una, la pura Sposa immacolata, in quanto è una persona, messa innanzi a noi molti, si chiama Maria; e si chiama Chiesa, in quanto comprende in sé anche noi. Di Lei parla S. Agostino in un testo grandioso, purtroppo poco conosciuto:

"An illud negatis, sublimen quondam esse creaturam tam casto amore cohaerentem Deo vero et vere aeterno, ut, quamvis ei coaeterna non sit, in nullam tamen temporum varietatem et vicissitudinem ab illo se revolvat et defluat, sed in eius solius veracissima contemplatione requiescat, quoniam tu, Deus, diligenti te quantum praecipis, ostendis ei te et sufficis ei, et ideo non declinat a te nec a(d) se? Haec est domus Dei non terrena neque ulla caelesti mole corporea, sed spiritualis et particeps aeternitatis tuae, quia sine labe in aeternum. Statuisti enim eam in saeculum et in saeculum saeculi; praeceptum posuisti et non praeteribit. Nec tamen tibi coaeterna, quoniam non sine initio; facta est enim.

Nam etsi non invenimus tempus ante illam - prior quippe omnium creata est sapientia - nec utique illa sapientia tibi, Deus noster, patri suo, plane coaeterna et coaequalis et per quam creata sunt omnia et in quo principio fecisti caelum et terram, sed profecto sapientia, quae creata est, intellectualis creatura scilicet, quae contemplatione luminis lumen est - dicitur enim et ipsa, quamvis creata, sapientia; sed quantum interest inter lumen, quod illuminat et quod illuminatur, tantum inter sapientiam quae creat et istam quae creata est, sicut inter iustitiam iustificantem et iustitiam, quae iustificatione facta est; nam et nos dicti sumus iustitia tua; ait enim quidam servus tuus: ut nos simus iustitia Dei in Ipso - ergo quia prior omnium creata est quaedam sapientia quae creata est mens rationalis et intellectualis castae civitatis tuae, matris nostrae, quae sursum est et libera est et aeterna in coelis - quibus coelis, nisi qui te laudant, caeli caelorum, quia hoc est coelum coeli domino? - Etsi non invenimus tempus ante illam, quia et creaturam temporis antecedit quae prior omnium creata est, ante illam tamen est ipsius creatoris aeternitas, a quo facta sumpsit exordium, quamvis non temporis, quia nondum erat tempus, ipsius tamen conditionis suae.

Unde ita est abs te, Deo nostro, ut aliud sit plane quam tu et non id ipsum, et non solum ante illam, sed nec in illa invenimus tempus, quia est idonea faciem tuam semper videre nec uspiam deflectitur ab ea; quo fit, ut nulla mutatione varietur. Inest ei tamen ipsa mutabilitas, unde tenebresceret et frigesceret, nisi amore grandi tibi cohaerens tamquam semper meridies luceret et ferveret ex te. O domus luminosa et speciosa, dilexi decorem tuum et locum habitationis gloriae domini mei, fabricatoris et possessoris tui! Tibi suspiret peregrinatio mea, et dico ei qui fecit te, ut possideat me in te, quia fecit et me. Erravi sicut ovis perdita, sed in umeris pastoris mei, structoris tui, spero me reportari tibi" (8).

Dimentichiamo per ora noi, i molti, e consideriamo la relazione del Figlio con la Sua Sposa.

Prima che l'assuma a Sé, lei non ha nessun diritto a questa grazia. Inoltre, per poter dire il 'si' di sposa, le occorre già una certa parità con lo sposo. Perciò la sposa deve già essere innalzata alla dignità di figlia nel Figlio, affinché possa effettivamente consentire. Appoggiandosi alla propria forza di creatura non potrebbe ratificare la sua elevazione. Inoltre, ella fu redenta, in senso diverso da noi, ma in un senso vero. Perché ella non è un angelo né il puro inizio della famiglia umana, bensì membro di un genere di peccatori; perciò deve il suo stato di sposa pura (ed il suo sì a questo stato) non a se stessa, né solo al dono gratuito dello sposo, ma al Suo sacrificio redentore. Anche i due testi seguenti di Suarez e di S.Agostino, esprimono dunque lo stesso mistero:

"Dico ergo, non posso Virginem excipi ab hac regula, omnes in Adam peccaverunt, quemadmodum nec posset excipi ab illa, omnes egent gloria Dei. Quam gloriam declarat ipse Paulus, nasci ex eo, quod omnes sint iustificati gratis per gratiam ipsius per redemptionem quae est in Christo Jesu, quem posuit Deus propitiationem per fidem in sanguine ipsius. Ex quo colligo pertinere ad gloriam Dei et Christi, quod beata Virgo sit iustificata per redemptionem quae est in Christo Jesu, et in sanguine ipsius, nec debere negari hanc gloriam Christo, quantumcumque Virgo fuerit justificata per praeservationem ab omni culpa, et non minus quam Paulus, immo cum majori gratitudine, quam ipse, sentiebat et dicebat de filio suo: qui dilexit me et tradidit semetipsum pro me" (9).

"Habet ergo hic sponsam quam redemit sanguine suo, et cui pignus dedit Spiritum Sanctum. Eruit eam de mancipatu diaboli, mortuus est propter delicta eius, resurrexit propter iustificationem eius. Quis offeret tanta sponsae suae? (10)

Ben è vero che nessun peccato ha macchiato la Vergine, nemmeno la colpa originale, ma questa purezza non la deve alle sue proprie forze ma a chi l'ha redenta. Osserviamo la strana reciprocità. Da una parte è certo (11) che Maria è stata redenta per la morte e la resurrezione di Gesù; dall'altra invece solamente una creatura immacolata lo poteva concepire e partorire e rendere così possibile questa morte. Dov'é allora la causa della nostra salvezza, nel sacrificio di Cristo o nel 'sì' di Maria? La risposta è impossibile poiché falsa è la questione. Non c'è rivalità tra Dio e la Sua creatura. Il nocciolo di tutta la teologia della grazia: qui si scopre chiaramente.

Di questo connubio misterioso lo Sposo è il Verbo divino, e la Sposa è la carne umana (12), come centro di tutte le creature, materiali ed intellettuali; e non come massa impersonale, ma unificata nella persona di Colei in cui "si aduna quantunque in creatura è di bontate". Il frutto di questo connubio non è una terza persona, come nella famiglia umana, ma nient'altro che questa stessa unione; il frutto è lo scambio ammirevole celebrato nella liturgia:

"O admirabile commercium! Creator generis humani, animatum corpus sumens, de Virgine nasci dignatus est: et procedens homo sine semine, largitus est nobis suam deitatem" (13).

Il frutto dunque è Dio nella carne, e questo in due maniere:

L'uomo Gesù: persona divina in natura creata;

Maria, piena di Grazia: rimanendo creatura, Maria viene ammessa a partecipare della vita di Dio stesso. Questa "divinizzazione" è la sua perfezione di Sposa.

Avendo considerato la relazione nuziale in se stessa, ora bisogna che indaghiamo ulteriormente in che rapporto stiamo noi a questo mistero.

Per poter approfondire questo aspetto, dobbiamo tentare di comprendere meglio due altre verità teologiche: Maria mediatrix omnium gratiarum - Extra Ecclesiam nulla salus. Da una parte Dio non ha molte spose, ma dice: "Una est columba mea" (14). Dall'altra ci sono innumerevoli persone finite, tutte chiamate alla grazia. Ci resta una soluzione soltanto": Dio ci ama tutti, e vuole essere amato da noi tutti, nella creatura unica. Noi tutti siamo membri del corpo di Cristo solamente se ed in quanto in noi Maria dice il suo "si" da sposa e diventa così col Verbo divino una sola carne. Alla nostra libertà individuale tocca il lasciar fare a Lei. Ma come! Maria ed io siamo due persone o no? E se due, come mai una può fare per l'altra l'azione più personale possibile, cioè decidere? A questa obiezione rispondono due osservazioni:

1) Il nostro rapporto con Maria non può essere paragonato con nessun altro rapporto con qualsiasi persona finita. Ciò risulta chiaramente già dal solo concetto di hyperdoulia, e nessun cattolico ne dubita.

2) Siamo ormai giunti al punto in cui si sente non soltanto la bellezza, ma anche l'oscurità del mistero, ed ove naufraga chiunque preferirebbe alla verità una certa chiarezza.

Donde originalmente prendiamo la nostra nozione di "differenza"? Come tutti i nostri concetti, ricaviamo anche questo dalle cose che ci circondano. Questa tavola non è quella sedia: le due cose sono differenti. Tali differenze sono esteriori; una cosa sta accanto all'altra, e perciò non è quest'altra. Di una realtà del tutto diversa si tratta quando vogliamo concepire le nostre relazioni con Dio, ed anche, analogicamente, con Maria. Se San Paolo può dire: "vivo autem, iam non ego, vivit vero in re Christus" (15), allora due verità sono certe:

1) Paolo non è Cristo; è personalmente diverso da Lui.

2) Eppure dice: "In me vive Cristo". Dunque non accanto a me, -qui son io, e là è Lui- ma Lui vive proprio e veramente in me. E questo 'me' non significa qualunque cosa fuori della persona, ma giusto quel nucleo di Paolo, ove maggiormente è lui stesso: Interior intimo meo. Sono quindi diverso da me, perché lì ove più di tutto sono io, proprio lì trovo Dio, cioè "un altro"? Vediamo come i nostri concetti, astratti dalle differenze locali, sono incapaci di esprimere il nostro rapporto con Dio in noi. Ma la fede capisce il balbettio.

Similmente la lingua inciampa anche quando vuole descrivere la relazione di ogni creatura intellettuale con Maria, la Creatura. Ognuno ha la libertà terribile di decidersi contro Cristo, cioè Dio in Maria. Ma, se coopera con la grazia e consente alla vocazione salutare, allora è lui che risponde, ma non risponde lui, è Maria che risponde in lui. Questo è il senso più profondo (ve ne sono degli altri) dei due adagi: Maria mediatrix omnium gratiarum - Extra Ecclesiam nulla salus. Proprio perché il Verbo di Dio ha una sola sposa e perché nondimeno ci siamo anche noi "i molti", proprio per questo di fronte a Cristo tutti noi siamo uno in Maria (come di fronte al Padre siamo uno in Cristo) (16) e così Maria viene chiamata Madre nostra, "quae sursum est, quae libera est" (17).

Guardiamoci però bene dall'esagerare le conseguenze di questa sua maternità su di noi. (Vedremo che ce n'è anche un'altra). La relazione bipolare Sposo-Sposa non diventa, accedendo noi, tripolare. Non in questo senso siamo figli di Cristo e di Maria. L'espressione "figli di Cristo" meritatamente non si usa; e figli di Maria siamo, perché noi, i molti impuri, per la sua pura mediazione consentiamo al Verbo di Dio. Lei è una persona a cui dobbiamo tutto il bene che abbiamo e che siamo, perché il nostro centro più profondo, la nostra libera decisione buona, è partecipazione a Lei. Mancano però altre caratteristiche della relazione comune fra madre e figlio: non riceviamo la nostra personalità propria da Essa, ma già prima che nasciamo in Essa, siamo persone determinate. D'altra parte non abbiamo -come invece ogni figlio di madre terrena- originalmente la stessa dignità che ha la madre; noi veniamo dal di fuori, dalla colpa, e quanta purezza abbiamo, l'abbiamo da Lei, anzi, in un vero senso Lei è questa purezza dentro di noi. Questa verità sufficientemente giustifica l'uso caro ad ogni cattolico, di parlare di Maria come nostra Madre, benché in un senso molto differente dall'altro, per il quale è la madre di Gesù, e lo è anche nostra, perché madre di Gesù. Poiché Cristo non viene dal di fuori, non deve a Sua madre la perfezione soprannaturale. Di ciò parleremo ancora.

La medesima maternità universale (nel senso descritto, meno proprio) si esprime anche nel vecchio detto "Extra Ecclesiam nulla salus", preso nel suo senso più profondo. Maria è la Chiesa, e solo perché siamo membra di Essa, della nuova Eva, creata sulla Croce in purezza e santità, solo per questo partecipiamo alla salvezza; poiché la salvezza è la vita eterna, e la vita eterna è la contemplazione amorosa del Padre, ma nessuno può vedere il Padre se non l'Unigenito e qualunque membro della Sua Chiesa, Sua Sposa beneamata, diventata una carne con Lui. Gli è unita, dapprima in se stessa, senza di noi, poi in Se stessa, ma anche per noi (18) poi, e sempre di più, in Se stessa, ma anche in noi, nella nostra libertà che deve crescere senza limiti. L'opposizione quindi non è quella di "Maria in Sé" e "Maria in noi", ma quest'altra: "Maria in Sé senza di noi" e "Maria in sé in noi".

Maria = la Chiesa è dunque la Sposa del Figlio di Dio, ed ogni anima che vive nella grazia è "sponsa in Sponsa", e -essendo la Chiesa il corpo mistico del Verbo- per mediazione di Essa ogni anima, fedele è figlio nel Figlio ad gloriam Patris.

Qui però sorge una grave obiezione. I nostri fratelli separati, per i quali la nostra devozione alla vergine è uno scandalo assai importante, ci rimproverano, perché sembra a loro che noi introduciamo una "via delle istanze" complicata e non reperibile nella Bibbia. Della nostra catena 'per Mariam ad Jesum et per Jesum ad Patrem" ammettono la seconda mediazione soltanto -essendo Gesù il nostro unico mediatore-, mentre nella mediazione di Maria non vedono che una invenzione umana di origine ben sospetta. Intendiamoci bene. Non si tratta più di quell'errore grossolano: vedere nei cattolici Maria sullo stesso piano di Gesù e insorgere contro questa eresia. Ogni protestante che ci conosca un poco, sa che anche noi professiamo Cristo come il nostro unico mediatore presso il Padre. Ma non vogliono sentir dire che per giungere a Cristo, nostro fratello, che vive immediatamente nei nostri cuori occorre un'altra mediazione, un ponte personale, che, come ogni ponte, pur congiungendo, presupporrebbe una distanza, la quale nel nostro rapporto con Gesù semplicemente non c'è! Che cosa risponderemo?

Forse questo: la mediazione che noi difendiamo e la loro immediatezza non sono in opposizione. No, Maria non è un'"inter-ens" gnostico, una persona posta tra Cristo e noi, tale da impedirci di toccare immediatamente il Verbo incarnato. Una tale immaginazione adopera delle categorie che qui sono completamente fuori uso. Maria non sta tra il Cristo e me come una specie di muro finissimo, ma al contrario, proprio il fatto che io immediatamente incontro Cristo, questo in verità Maria mi dà. Sono distinto da Essa in quanto che sono peccatore e soltanto una partecipazione della grazia creata -Lei invece è gratia plena- ma non arrivo a Cristo attraverso Lei, ma in Lei e Lei in me (comunque nella relazione di Maria, la Creatura, con me, una creatura, rimanga la differenza delle nostre persone, questa differenza non entra decisamente nella relazione della Creatura col Verbo; non dimentichiamo che il concetto di "persona" partecipa alla misteriosità soprannaturale, e, fin dalla sua origine teologica -nelle questioni trinitarie- sempre rappresenta una realtà non rotonda, assoluta in sé, ma relativa e reciproca). Il fatto che Cristo, Maria ed io nella storia (anche futura, glorificata nei cieli) siamo tre uomini differenti, è ben vero, ma qui non centra; poiché non in quanto uomo accanto a uomo, Maria è in me, ma in quanto per partecipazione alla croce ed alla risurrezione di Cristo Essa è diventata personalmente la pura Creatura.

Ontologicamente dunque abbiamo mediazione misteriosa: nessuna "via delle istanze", perché la Vergine, mediatrice pura, in nessun modo separa, ma è mediatrice dell'immediatezza. Psicologicamente, nella nostra pietà, il doppio aspetto di questo -come di ogni altro- mistero può esprimersi in doppia maniera: posso vivere o il rapporto immediato con Cristo, sapendomi -non riflessamente- uno con Maria, e parlando francamente al Salvatore, senza pensare ad una mediazione qualunque. O posso vivere la mediazione: cosciente della mia indegnità personale prego Maria di essere la mia strada verso il Figlio di Dio. Qui non c'è nessuna difficoltà teoretica o pia convulsione per chi vive, nella vera Chiesa, tutta la rivelazione misteriosa di Dio.

Per riassumere: tutti noi, come la Sposa una, siamo congiunti col Verbo di Dio. Perciò il nostro rapporto con Cristo è mediato in Maria, ma in tal modo che tuttavia per ciascuno resta del tutto personale ed immediato.

MATER CHRISTI

La seconda relazione di Maria con Cristo è quella di madre a figlio, e questo in un senso del tutto chiaro ed univoco. Prendiamo il nostro mondo spazio temporale, fisico e biologico per un grande Tutto (come lo fa sempre di più la scienza d'oggi) e definiamo: una persona allora è madre di un'altra, se nella sua natura, cioè in quella parte della materia universale, che anima personalmente, fa partecipare l'altra alla sostanza cosmica. In questo senso generalissimo Maria è madre di Gesù esattamente come ogni madre di figlio umano.

Le differenze, certamente, sono grandissime quando si contempla da più vicino questa maternità: noi altri siamo delle creature, e la nostra persona non esiste prima della nostra natura, cioè la nostra porzione del mondo. Gesù invece non è creatura, ma, esistente da tutta l'eternità, entra in questo mondo; entra però in realtà; diventa carne e sangue in Maria. Così Essa in piena verità è la madre di Dio.

Vediamo come questo aspetto completa il mistero del connubio. Lì abbiamo conosciuto il Verbo come principio attivo, donante, e Maria come principio puramente passivo, ricevente tutto da Lui. Adesso vediamo: questo ricevere non è puramente passivo, ma è in Maria un ridonare positivo di tutta la sua persona, anzi, -ardita verità!- la Vergine dà qualcosa a Dio che veramente prima non aveva, l'esperienza tutta nuova per Lui, di essere -in un certo senso- creatura; Essa nella Sua carne Gli dà la Sua e così Lo fa partecipare, corporalmente e fino alle cime dell'anima umana, alla nostra vita di uomini, parti del grande universo.

Come il corpo fisico, Maria partorisce anche il corpo mistico. "Dio Figlio vuole formarsi e, per così dire, incarnarsi ogni giorno, per mezzo della diletta Sua madre, nei suoi membri" (19). Anche il corpo glorioso di Cristo, nel quale veniamo inseriti con il battesimo, è in identità misteriosa colui che Ella ha dato alla luce. Perciò ogni rigenerazione, quando la Madre Chiesa partorisce un nuovo figliuolo, è partecipazione dell'unica incarnazione, nella quale Dio assume come propria possessione una parte del mondo.

Questo merita una spiegazione ulteriore. Noi non nasciamo dalla Chiesa -già esistiamo quando in Essa entriamo-, ma rinasciamo, meglio: in noi dalla Chiesa = Maria nasce Cristo. Perché Lui è la mia vera vita, si può dire che Maria, essendo Madre di Cristo anche in me, è anche madre mia.

Per chiarire ancora più la questione, distinguiamo un triplice concetto di maternità di Maria a Gesù; il terzo si applica, analogicamente, anche a noi.

1) Maria è madre di Gesù, la persona del Verbo, perché gli dà la partecipazione al mondo.

2) Maria è madre dell'uomo Gesù, perché lo forma dalla sua propria carne.

3) Maria è madre dell'umanità di Cristo, perché il suo consenso di Sposa ha cooperato all'unione di quest'umanità al Verbo divino. Naturalmente non esiste un tempo o anche un momento logico nel quale l'umanità di Cristo non fosse unita al Verbo; nondimeno -proprio perché essere ed essere unito sono inseparabili, e perché Maria come Madre dà l'essere- Maria era la mediatrice tra la carne ed il Verbo.

La differenza fra il corpo fisico di Cristo e il Suo corpo mistico sta nel fatto che il corpo fisico, considerato (insieme alla anima) in sé, distinto dalla persona divina, non è persona, ma soltanto natura senza alcuna autonomia. I singoli membri del corpo mistico, invece, già prima dell'adozione sono persone, libere e responsabili di fronte al Verbo, e rimangono tali per l'eternità. Ma il possesso che il Figlio di Dio ha di noi come membra del Suo corpo mistico non è (o meglio, non dovrebbe -per colpa nostra- essere) meno reale o totale che il possesso della Sua natura umana. Altrimenti, parlare di "Corpo mistico" sarebbe soltanto una metafora invece di un mistero mirabilmente reale.

A questa visione non contraddice la sobria ammonizione del magistero contro ogni Pancristismo; "Nobilissima tamen eiusmodi appellatio /Ecclesia=Christus/ non ita accipienda est, ac si ineffabile illud vinculum, quo Dei Filius concretam assumpsit humanam naturam, ad universam pertineat Ecclesiam." (20) Un vincolo si costituisce per i due termini che congiunge: non ha altra realtà. Allora la differenza è grandissima fra una natura, che non è persona autonoma, e una persona. Manifestamente l'unione è molto più stretta nel primo caso.

Maria = la Chiesa è per il Verbo la mediatrice della possessione del suo corpo tanto fisico, quanto mistico; dunque in ambedue i casi è madre di Dio (di Colui che possiede sia una natura, sia una persona creata) e nello stesso tempo è madre anche di ciò che viene posseduto (l'umanità di Gesù oppure noi, le persone inserite in Cristo).

Riassumo così tutta la prima parte: Maria è la Creatura, e
1. perciò per noi la mediatrice della relazione con Cristo (madre nostra nel senso meno proprio).

2. Questa relazione è una, ma a noi appare sotto tre diversi aspetti:

a) Figlia. Siamo sempre delle creature, che da noi stessi non abbiamo niente oltre al peccato. "Ecce ancilla Domini".

b) Sposa. Il Verbo di Dio ci innalza e ci attrae nella Sua propria vita. Noi riceviamo questo dono ineffabile e consentiamo con tutta la nostra persona. "Fiat mihi secundum verbum tuum".

c) Madre. Chiunque ascolta il Verbo e consegna se stesso, cioè la sua natura creata, alla sua libera disposizione, e quindi fa regnare il Verbo in una nuova parte del mondo, "questi è mia madre" (21). "Et Verbum caro factum est".

Queste tre relazioni diverse non sono che una, perché la creaturalità è riempita col dono dello Sposo, ed il 'si' di Sposa risulta nel dare corpo al Verbo.

II.

MARIA E LA CHIESA DELL'ESPERIENZA

Società = Persona?

Finora era relativamente facile comprendere l'unità, anzi l'identità di Maria e la Chiesa, perché della Chiesa abbiamo parlato solo nel senso più profondo, mistico, astraendo totalmente da un altro fattore del problema: la Chiesa concreta e storica, cioè la Chiesa cattolica e romana, la quale è una società, un gruppo umano fra altri gruppi, in ogni caso qualcosa assai robusto, tangibile, una moltitudine, e non una persona. D'altra parte tutto ciò che vale per la Chiesa nel senso mistico -l'essere Sposa e Madre, ecc.- non è detto di una speculazione finta e favolosa, ma giustamente della nostra Chiesa "reale", come la vediamo nella storia, amabile per il fedele, benché impolverata da lunghi cammini. Non possiamo quindi evitare la questione: quale è il rapporto fra la Chiesa in quanto persona, Maria, e la stessa Chiesa, in quanto società composta di molte persone, mistica solo per la fede, mentre per il mondo è gruppo fra gruppi; è però mistica per la fede proprio là dove è visibile anche per gli increduli! Per non essere speculazione illusoria, la nostra tesi deve parlare della Chiesa reale, e in qualche modo risolvere il problema, come possa una società essere una persona.

Precisiamo la questione: da una parte la Chiesa è società visibile, riccamente composta di molte persone, diversa da altre comunità religiose, cristiane o no, appartenente al corso della storia, fulgente di meriti, però non esente da peccati, sia umani, sia caratteristici di un tempo determinato ... E la Chiesa è la Sposa pura, "circumdata varietate", il fiore della Creazione, contenente in sé ogni bene, da dovunque provenga, non separata in se stessa, ma una, la madre universale che non scaccia da sé nessun figlio, quanto più sia traviato, refugium peccatorum, consolatrix afflictorum, porta caeli ecc., immaculata, infallibilis, assumpta.

Come integrare questi due aspetti della stessa realtà? La soluzione di un tal problema non si aspetterà da un breve articolo. Per ciò che ci proponiamo è sufficiente e necessario soltanto un rapido sguardo sulla materia.

Se domandiamo ai filosofi che cosa sia, metafisicamente, una società, ci lasciano insoddisfatti. Si dice che "quodammodo" è più che una struttura di relazioni accidentali, ma meno di una sostanza solida e una. Questo è vero, ma finora sappiamo soltanto che cosa non è una società Per levarci da questo imbarazzo, W. Brugger S.J. ha proposto una nuova categoria: 'Mitsein, esse in pluribus' (22).

Dato che questa proposta mi pare molto importante per il nostro tema, ne cito qualche frase (in latino, per il linguaggio assai tecnico). Dapprima descrive come la filosofia scolastica riduce lo essere di una società ad una unità accidentale di ordine, e poi prosegue:

"Ratio principalis, cur scholastici adhuc teneant dictam reductionem, non obstantibus omnibus difficultatibus bene notis, in eo consistit, quod firmiter eis persuasum sit de divisione logice adaeguata in duas categorias has, substantiam sc. et accidentia. Nihil videtur manifestius, quam hoc, quod alicui enti ab alio, non identico cum suo esse, esse competat aut in se aut in alio. Tertia possibilitas videtur non dari. Et tamen, applicatio exacta principii exclusi tertii monstrat rationem habendam esse talis possibilitatis. Dictum principium apodictice excludit tertium, sed solum inter opposita contradictorie. 'Esse in se' autem et 'Esse in alio' non sunt opposita contradictorie ... Oppositio excludens habetur tantummodo inter 'in se' et 'non in se'. Nunc vero opinantur, 'non in se' significare simpliciter 'in alio'. Inquantum hoc 'in alio' sumitur omnino indeterminate, haec opinio est vera. Tunc potest autem explicari tamquam vel 'in uno' vel 'in pluribus'. Tacite tamen hoc 'esse in pluribus', ut modus specialis realitatis, putatur impossibile, et tum 'in alio' simpliciter identificatur cum 'in alio uno'. Sit possibile aut impossibile hoc 'esse in pluribus', tamen hoc unum est certum: non posse invocari principium exclusi tertii ad statuendum oppositionem logicam et exclusivam inter 'esse in se' et 'esse in alio (uno)'. Hoc principium relinquit apertum locum pro 'esse in pluribus'" (23).

Poi si domanda se questa categoria sia soltanto una possibilità logica oppure necessaria per spiegare la realtà, e alla fine di lunghe considerazioni conclude:

"Sic de novo probatum est, quod negatio huius 'esse in pluribus' -negatio inclusa in omni attentata substitutione- ducit ad negationem propietatum manifestissimarum illius quod vocamus societatem. Ergo haec negatio est impossibilis et affirmatio nostri 'esse in pluribus' est obiective necessaria et fundata" (24).

Usando questo concetto che esprime una terza maniera di essere fra "sostanza' e 'accidenti', diciamo brevemente così: Cristo è il soggetto personale dell'unità sostanziale del Suo corpo fisico in certo modo dell'unità soltanto accidentale del pane eucaristico, e anche, in maniera analoga, dell'unità 'in pluribus' del Suo corpo mistico. Maria è il soggetto personale del suo corpo fisico ed anche del corpo mistico, la Chiesa. Ma in che senso si può dire che la Chiesa è due persone, Gesù e Maria? Necessariamente, essendo proprio il connubio fra il Verbo di Dio e la Creatura. In quanto dunque la Chiesa, come corpo mistico di Cristo, unito in Lui sta davanti al Padre, Cristo è il suo soggetto, e noi siamo figli nel Figlio davanti al Padre. In quanto però la Chiesa, come pura Sposa, sta davanti al Cristo, distinta da Lui per potersi unire a Lui. Essa è Maria e noi in Maria. Se i teologi di professione finora non hanno troppo insistito su questa ultima verità essa però da secoli si trova nel seno della Chiesa. Paragoniamo con la litania del quinto secolo (sopra n. 3) la bellissima poesia inglese (25) del secolo passato; cito qualche riga soltanto: parla Maria:

"Multitudinous ascend I
Dreadful as a battle arrayed,
For I bear you whither tend I;
Ye are I: be undismayed!
I, the Ark that for the graven
Tables of the Law was made;
Man's own heart was one; one Heaven;
Both within my womb were laid.
For there Anteros with Eros,
Heaven with man, conjoined was,-
Twin-stone of the Law, Ischyros,
Agios Athanatos!

Who is She, in candid vesture,
Rushing up from out the brine?
Treading with resilient gesture
Air, and with that Cup divine?
She in us and we in her are,
Beating Godward: all that pine,
Lo, a wonder and a terror -
The Sun hath blushed the Sea to Wine.
He the Anteros and Eros,
She the bride and Spirit; for
Now the days of promise near us,
And the Sea shall be no more.

Si, la Chiesa è qualcosa che l'uomo non può soltanto stimare, ma deve, quando la conosce, amare; è dunque non una cosa, ma una persona, e questa persona ha un nome caro ad ogni membro della Chiesa. Quando diciamo Chiesa, non parliamo di un essere oscuro e fantastico, ma della nostra Chiesa cattolico-romana. Allora, qualunque cosa faccia il Papa ad esempio in nome della Chiesa, Maria lo fa per lui?

Sì e non a tutti è chiaro che a questa domanda non si può rispondere senza distinguere. Ma proprio perché la Chiesa concreta, la quale è anche Chiesa in senso giuridico, è Maria, non posso distinguere la Chiesa come Sposa pura, dalla Chiesa come società giuridica - eresia questa delle sette entusiastiche. D'altra parte, non essendo tutto ciò che si fa in nome delle Chiesa immacolato od infallibile, dobbiamo fare una distinzione del concetto: "la-nostra-Chiesa-come-società". Tutto quello che fa la Chiesa, anzi tutto quello che fa un cattolico (perché questo non può togliervisi) in certo modo lo fa Maria (in quanto buono e gradito a Cristo). Ma spesso le nostre azioni sono macchiate da qualche difetto, che va a carico dei singoli. Forse possiamo dire così: in tutto ciò che fa un cattolico, e a fortiori, in tutto ciò che fanno insieme molti cattolici, e più ancora, in tutto ciò che fanno i membri della gerarchia in esecuzione del loro ufficio, veramente - fino ad un certo punto - per mezzo delle sue membra o organi agisce la Chiesa come comunità, società - ed a queste condizioni ognuno deve sentire la voce della madre: nessuna metafora in questa espressione; sappiamo di Chi è la voce gentile e forte.

Al di là di quel limite si trovano però, fintantoché la Chiesa vive nella carne, le limitazioni, debolezze, peccati; attribuire questi difetti alla Madre celeste sarebbe una mostruosità. Stabilire dove sia questo punto critico è compito del diritto canonico e della situazione concreta; sarebbe interessantissimo studiare quali siano i criteri per determinarlo, ma la trattazione di questo argomento esula dal nostro tema. Anzi, tutta la problematica della tensione fra puro e impuro in una Chiesa ci interessa soltanto indirettamente, poiché questa difficoltà non sorge soltanto nell'ipotesi nostra della personalità della Chiesa, ma è un dato tradizionale in ogni ecclesiologia. Da sempre si sa che la Chiesa storica è pura Sposa, però ha anche delle colpe. Noi ci proponiamo non di affermare questa opposizione, ma di determinarne più esattamente un termine: la chiesa in quanto pura è persona, è Maria.

Un'altra obiezione potrebbe presentarsi: non è forse la Chiesa come Chiesa che implora Iddio di perdonarle i suoi peccati? Non è vero che Dio ha fatto della meretrice la Sua Sposa fedele? Allora chi è che ha peccato? Anche qui la soluzione può essere accennata soltanto. Di Cristo stesso, l'uomo purissimo, sta scritto: "Eum qui non noverat peccatum, (Deus) pro nobis peccatum fecit" (26).

Benché dunque non abbia peccato, è il maestro della nostra penitenza. Noi abbiamo peccato senza di Cristo, ma Lui è il primo a stabilire la relazione filiale tra noi e Dio.

Quando si dice che la Chiesa pecca, questo può avere un molteplice senso:
- Le membra della Chiesa peccano, non perché sono, ma sebbene siano membra di Essa.
- Le membra della Chiesa peccano in quanto sono membra di Essa. Qui occorrono distinzioni delicate per non traviare l'argomento. Certamente ci sono dei peccati la cui qualità e gravità consiste nel fatto che vengono commessi da membra della Santa Chiesa. Anzi ci sono dei peccati i quali sono inaccessibili nella loro mostruosità a chi non è cattolico, a chi non è sacerdote ... Saranno questi che avranno fatto soffrire di più nostro Signore.

Per risolvere il problema nel linguaggio di San Tommaso: inquantum haec peccata sunt actus, committuntur a membris Ecclesiae in quantum huiusmodi; inquantum autem sunt defectus, non agit Ecclesia in eis patrandis, sed e contrario fiunt deficiendo interne a voluntate Ecclesiae. O per dirlo diversamente: ciò che fanno, lo fanno come cattolici, ma il fatto che lo fanno, è colpa loro e non cade nel cuore, anche se cade sulle spalle di Colui e Colei che sono personalmente la Chiesa. Maria, la Chiesa come Chiesa, non pecca, ma si converte. Poiché convertirsi dal peccato non è peccato, e se Cristo "è stato costituito peccato per noi", per darci la forza interiore e l'esempio esteriore alla conversione, ciò ancora più vale per Maria che non è Dio redentore, ma creatura redenta.

Che consolazione per noi peccatori, quando nella Chiesa preghiamo per la remissione delle nostro colpe, vedere la Vergine Immacolata che si unisce a noi e prega per noi, perché essendo nostra madre si sente solidale con noi; la madre dolorosissima non sfugge alle conseguenze dei nostri misfatti, ma ci aiuta gentilmente a portare (anche noi) la croce.

Molte obiezioni ancora potrebbero sorgere ed essere rigettate, ma credo che è meglio aspettarle da altri. Perciò adesso finisco; una base per ulteriori discussioni mi sembra posta, a più però, in una questione tanto calda, non posso aspirare.

III

MARIOLOGIA=ECCLESIOLOGIA

Concludo con qualche osservazione riguardante la relazione di Mariologia ed Ecclesiologia. Questi trattati oggi sono fra i più vivi rami dell'albero della teologia. Che cosa risulta per tutti e due dal fatto sorprendente che hanno lo stesso oggetto, o meglio lo stesso soggetto? Molto, mi pare. Fintantoché vanno avanti, l'uno separato dall'altro quasi non possono evitare (data l'identità della materia) di diventare unilaterali, e fin là anche falsi. Allora la Mariologia degenera in anatomia oppure sentimentalità, e la Ecclesiologia dimentica nei suoi confini tutto ciò che supererebbe le strutture di una organizzazione.

1) Chi è Maria? È la madre di Dio. È quella vergine ebrea che ha dato alla luce Gesù. È la donna venerabile che stette sotto la croce. A Lei per prima nostro Signore è apparso dopo la Sua risurrezione, come ci insegna S. Ignazio: "benché non si dica nella Scrittura... perché la Scrittura suppone che abbiamo intelletto" (27). A tale argomento non si può rispondere. Essa è stata assunta corporalmente in cielo, cioè adesso vive come uomo completo, e quindi si può anche mostrare quando e a chi vuole. Tutto questo è Maria. Ma, fino a che tutto questo rimane soltanto fuori di noi, nel passato o nella immaginazione, sarà molto difficile non cadere in una delle due buche: nella curiosità scientifica, fredda, razionalistica oppure nella sentimentalità sdolcinata. I fatti sono fatti, anche quelli psicologici. Esempio del primo pericolo potrebbe essere una specie di 'teologia', l'"anatomia supernaturalis vel potius praeternaturalis", la quale scrutasse curiosamente varie particolarità della Virginitas in partu, trascurando l'adorazione del mistero. Esempio del secondo errore sono le migliaia di immagini insopportabili, possente armata del diavolo per ammazzare la fede in chiunque abbia un gusto sano.

Tutt'altra sarà la nostra devozione alla Madonna, se non vedremo la Vergine soltanto come figura storica o produzione della nostra pia fantasia di fronte a noi, ma se la vedremo come vivente in noi nel Suo 'si' di Sposa alla quale dobbiamo la nostra propria realtà profonda di creature redente. Allora, quando chiaramente so che il nostro essere uno davanti all'altra non è solo esteriore, ma interiore, allora io, come uomo sensibile, posso, per incontrarla meglio in me, contemplarla anche accanto a me, sia nella Sacra Scrittura -nei tipi (Esther, Judith ecc.) e nella realtà del Vangelo-, sia nella praeparatio Evangelii extrabiblica, nel meglio delle religioni prima della vera, sia in qualunque immagine che mi piace. Tutto quello che fa il popolo fedele può essere spiegato come buono, ma credo che così deve essere spiegato, altrimenti i protestanti non avrebbero completamente torto quando ci rimproverano un certo paganesimo. Che cosa sarebbe più normale che non il guardar in alto verso Colei che dall'inizio è ciò che noi, in Lei e col suo aiuto, lentamente dobbiamo diventare? Fintantoché vedo Maria, come teologo, soltanto fuori di me, salvo la sua realtà in sé, ma distruggo il suo significato per me. Al contrario, la psicologia moderna e infedele, facendo di Essa un archetipo dell'anima, salva la sua interiorità, ma perde ciò che vale di più, la realtà. La semplice verità è che Maria è né solo realtà esterna, né solo prototipo, ideale nel fondo dell'anima, ma piuttosto questo archetipo è Maria, reale in sé, e come tale, in me.

2) A pericoli simili è esposto il nostro atteggiamento verso la Chiesa, non conosciuta come Maria. Secondo il suo temperamento l'uno metterà l'accento sulla Chiesa dell'esperienza, l'altro sulla Chiesa dell'ideale. Gli empiristi ulteriormente si dividono in due partiti: gli uni "amano ed ammirano" la Chiesa, ma quello che intendono, parlando della nostra Chiesa, è l'organizzazione grandiosa, il potere vasto, il funzionare di mille cerniere, cioè: tutto quello che con un certo diritto può riempire un cattolico di orgoglio mondano, quando vede la Chiese che sotto molti aspetti non deve vergognarsi. Il nostro ottimista però sarà portato a non ammettere le moltissime piaghe che anche ci sono. Proprio su queste il pessimista metterà il suo dito, e con amaro piacere farà gridare l'altro. Perché non riesce (ed anche non lo crede dignitoso) a fermare gli occhi che Dio gli ha dato per guardare e vedere; forse per tutta la vita si travaglia nel criticare e, quando gli si consiglia di amare la Chiesa, tristemente sorride: conosce la Chiesa, lui!

L'idealista non avrà queste preoccupazioni. Per lui la vera Chiesa è nel cielo, cioè nei sogni dei suoi desideri. Quaggiù si trovano molte pretese di essere la Chiesa; ma come sarebbe qui la vera Chiesa, quella che si può amare e venerare con tutto il cuore? Non si può amare un collettivo, no. Lui dunque ama la Chiesa, ma quello che ama, teologicamente non esiste, è un fantasma, una illusione che astrae da ogni durezza e dolore, quindi non è nemmeno amore. Che miracolo che gli empiristi non lo prendono sul serio, ma insieme ridono il pessimista e l'ottimista, ambedue sono uniti nel chiamare irreale il nostro entusiastico difensore della Chiesa tutta pura e spirituale.

Tutti questi difetti nascono dalla stessa radice: la separazione di Maria dalla Chiesa. Per chi invece Maria è la realtà personale della Chiesa, quegli sa non per che cosa, ma per chi, con ogni diritto, si può e si deve entusiasmare; non ha bisogno di successo esteriore per amare la Chiesa, né deve sognarsi l'oggetto della sua venerazione: perché già esiste, come persona ben determinata ed amabile sopra ogni altro creato. Ma il suo ideale non lo astrae dalla Chiesa storica quaggiù, ma piuttosto triste gli mostra le macchie sulla Sua veste e lo invita a sforzarsi a renderla più bella agli occhi del mondo.

In una parola: per chi è giusta l'affermazione: Maria = la Chiesa: questo può veramente amare la Chiesa e servire Maria, perché in Maria la Chiesa è perfetta e nella Chiesa Maria ha bisogno del suo lavoro. Mentre amor di Maria senza servizio o servizio della Chiesa senza amore sono mancanze fatali, se non proprio contro una ortodossia giuridica, certo contro l'ortoprassi.

Conclusione. Terminando questo lavoro certamente non mi illudo di aver esaurito il problema. Neppur lontanamente! Solo un libro di considerevole mole potrebbe sviluppare sufficientemente i molti temi che qui potevano risuonare per qualche attimo solamente. Qualcheduno, un giorno, scriverà questo libro. Non lo potrà fare però da solo, senza l'aiuto di molti altri. Ed è questa la scusa e la giustificazione dell'articolo presente: essere anch'esso per questo futuro libro una preparazione.

Ad alcuni sembrerà molto oscuro, forse anche falso. Bene! Che lo dicano! Obiezioni, difficoltà e correzioni saranno benvenute. In tali questioni, interessanti tutta la Chiesa, soltanto insieme potremo avanzare.

Ma, prima di tutto, non ci combattiamo aspramente! Non si tratta di chi ha ragione, ma dell'onore della Madonna, cioè del bene della Chiesa.

E questo dai difetti della carità più vien danneggiato che non aiutato dalle più splendide verità unilaterali - d'ambo le parti.

FOEDERIS ARCA

ora pro nobis

Presentato come lavoro di licenza
al Rev. P. Sisto Cartechini S.J.
da JÜRGEN KUHLMANN
Collegio Germanico-Ungarico
Roma, 1962


Preparato all'uso elettronico
per la gentilezza di Dr. Daniela Zanin
e Prof. Giuseppe Trentin
Padova, primavera 2004
e gramaticalmente recorretto nel luglio 2004 dal Prof. Mario Piantoni
42 anni dopo la sua assistenza decisiva a Roma; un manoscritto tedesco non ricordo.


ANNOTAZIONI

1 Freiburg / Schweiz, 19552

2 = delon oti

3 S. Cirillo di Alessandria, Hom. div. 4 (P.G. 77, 992 B-C; 996 B-C) (Müller, op. cit., p.155 s.).

4 Cioè=c'est à dire.

5 S. Luigi M. Grignion da Montfort, Trattato..., nr. 48

6 Sermo CXL, de annuntiatione. (P.L. 52, 576).

7 En. in Ps. 126, 7. (P.L. 37, 1672).

8 Confessiones, XII, 15. (C.S.E.L. 33, 322-324). Testo misterioso! Di chi parla? Generalmente si dice: degli angeli. A questa interpretazione però contraddicono parecchi indizi. Chi legge il testo senza pregiudizio ha l'impressione che si tratta non di una moltitudine, ma di un'unica cosa. "Quandam creaturam" non significa "alcune creature" ma "una certa creatura". Inoltre, come mai la comunità degli angeli si può chiamare nostra madre, e ciò citando un passo della Sacra Scrittura che parla della Chiesa! No, qui si tratta della Chiesa. Certamente non affermo che qui venga espressa la sua identità con Maria; sembra tuttavia che il santo Dottore fosse persuaso, mentre scriveva questo, di una certa "personalità" della Chiesa. Perciò noi che leggiamo tante volte di Maria: "Ab initio et ante saecula creata sum", possiamo con pieno diritto stimare ed anche recitare la bellissima conclusione (O domus luminosa ...) come una delle più antiche e profonde preghiere alla Madonna.

9 Suarez, de vitiis et peccatis, disp. IX, sect. IV, nr. 23

10 S. Agostino, Tract. In Joh. VIII, 4 (C.C.Lat. 36,83).

11 Cf. La Bolla "Ineffabile Deus": Intuitu meritorum Christi Salvatoris (denz. 1641).

12 S. Agostino, l. c.

13 1 gennaio, I ant. ad Vesp.

14 Cant. 6, 8.

15 Gal. 2, 20.

16 Gal. 2, 28.

17 Gal. 4, 26.

18 Cf. la dottrina sul battesimo dei bambini: "non actu proprio credentes baptizari in sola fide Ecclesiae" (Denz. 869). Solo una persona può credere chi è la Chiesa.

19 Grignion da Montfort, Trattato, nr. 31.

20 Pius XII, Enc. Mystici Corporis, A.A.S. 1943, 218.

21 Cf. Mt. 12, 50.

22 In Scholastik XXXI, 1956.

23 l.c. p. 371 ss.

24 ibidem p. 382

25 FRANCIS THOMPSON, Poems, London 1946, pag. 326-328: Assumpta Maria: Voi siete io/Lei in noi e noi in Lei siamo.

26 2 Cor. 5, 21.

27 Libro degli esercizi, 299.


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